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332 sul mare delle perle


— E hai osato presentarti a me!... Muori, cane!

Il marajah, che pareva impazzito, aveva estratto una pistola e aveva sparato a bruciapelo sul capitano, stendendolo al suolo senza vita.

— Così si puniscono i vili! — gridò.

I ministri ed i cortigiani, inorriditi e spaventati, non avevano osato fiatare, nè fatto alcun movimento per impedirgli quel nuovo assassinio.

Il marajah s’era messo a camminare pel terrazzino della cupola come una belva feroce, facendo gesti da pazzo.

Giù nelle vie, la moschetteria e le urla continuavano con un crescendo spaventevole, mentre dei quartieri interi bruciavano, mandando in aria nubi di fumo e lingue di fuoco.

I candiani, nel ritirarsi, avevano incendiato le case, credendo d’impedire in tal modo l’avanzarsi dei ribelli. Invece quella tattica era andata fallita, perchè, mentre parte della popolazione spegneva quei fuochi, l’altra si cacciava coraggiosamente in mezzo al fumo e alle fiamme, stringendo da vicino i mercenari e fulminandoli colle spingarde levate dai bastioni e dalle mura, colle carabine, coi fucili a pietra e coi tromboni.

Ad un tratto il marajah, che vedeva i suoi candiani ripiegarsi disordinatamente verso la piazza, si fermò dinanzi al suo primo ministro, chiedendogli:

— Arriveranno in tempo le truppe che abbiamo fatto richiamare? Se ti preme vivere e non vuoi far la fine del tuo predecessore, parla senza esitare.

— Altezza, io lo dubito. I pescatori di perle