Pagina:Salgari - Un dramma nell'Oceano Pacifico.djvu/110

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104 capitolo decimoprimo.


anzichè di dietro, avrebbe veduto quei piccoli occhi affondati nelle magre occhiaie mandare strani bagliori, e su quelle aride labbra apparire di tratto in tratto un sarcastico sorriso.

Camminando con precauzione, con gli orecchi sempre tesi e gli occhi bene aperti, la piccola colonna giungeva dopo un’ora in uno spazio aperto fra gli alberi. Mac Bjorn con un gesto fece fermare i marinai che lo seguivano.

Si curvò verso terra per raccogliere meglio i rumori, fiutò a più riprese l’aria come un cane fiuta la selvaggina, poi volgendosi verso il capitano che non perdeva di vista alcuno dei suoi gesti:

— Siamo presso il villaggio, — disse. — Superata questa boscaglia, ci troveremo dietro le ultime capanne.

— Dove si trovano i nostri compagni? — gli chiese Bill.

— In una capanna accanto a quella reale, — rispose Mac Bjorn.

— Guardata da molti guerrieri?

— Sì; da una ventina, e armati di lancie e di pesanti mazze.

— Se irrompessimo questa notte nel villaggio, credete che si potrebbero liberare? — domandò il capitano.

— Non lo credo, perchè la capanna è forte, i nostri compagni solidamente legati, e prima di giungere presso di loro i cannibali li accopperanno. È meglio attendere il momento in cui comincerà la cerimonia funebre, poichè allora la popolazione sarà inerme. Il nostro improvviso assalto cagionerà un panico generale, le donne e i ragazzi faranno una grande confusione, e noi ne approfitteremo per disperdere quelle canaglie e liberare i prigionieri. Seguitemi! —

Mac Bjorn che conosceva la via meglio di Bill, si mise alla testa del drappello e s’avviò verso il nord con mille precauzioni, evitando di fare scricchiolare i rami degli alberi, e fermandosi di tratto in tratto per ascoltare se la foresta era silenziosa.