Pagina:Salgari - Un dramma nell'Oceano Pacifico.djvu/229

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la banda di bill. 223


— Fra pochi minuti saranno anche a posto — rispose il tenente. — Scendiamo, capitano.

Tenendosi al coperto dai cespugli attraversarono l’altura, e passando fra i boschi raggiunsero il piano calandosi in mezzo a due immensi fichi banani, che da sè soli formavano una piccola foresta.

Asthor postò il cannoncino dinanzi all’altura puntandolo verso la caverna, e Collin distese i suoi guerrieri a destra e a sinistra, appiattandoli dietro ai numerosi tronchi dei fichi colossali.

Avevano appena terminato quei preparativi di combattimento, quando si videro i forzati interrompere bruscamente il loro lavoro, guardare all’intorno con visibile sospetto, quindi fuggire precipitosamente verso la caverna preceduti da Bill che zoppicava.

— Fulmini e lampi! — esclamò Asthor, che stava caricando il pezzo. — Ci hanno scoperti!...

— Meglio così — rispose Collin. — Ora non possono più scapparci.

Così dicendo, sparò un colpo di fucile in direzione della grotta.

A quel segnale urla feroci s’alzarono nei boschi che circondavano l’altura, e si videro apparire i selvaggi i quali agitavano furiosamente le loro armi, impazienti di venire alle mani.

— Intimiamo la resa — disse il capitano.

— Quelle canaglie non si arrenderanno — rispose il pilota.

— Guarda! Guarda! — esclamarono Fulton e Mariland.

Un forzato era uscito dalla caverna tenendo in mano un fucile e cercava di rendersi conto di ciò che stava per accadere. Senza dubbio, non sapendo ancora chi erano gli assalitori, doveva essere sorpreso di aver udito, fra quei selvaggi clamori, un colpo di fucile che annunciava la presenza di uomini bianchi.

— Chi vive? — gridò. — Amici o nemici?