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36 | capitolo quarto. |
scacciare un importuno pensiero e si levò il berretto inchinandosi e mormorando una parola che nessuno potè ben comprendere.
— Come vi sentite? — gli chiese il capitano.
— Benissimo, signore, — rispose egli senza però staccare gli occhi dalla giovane miss.
— E le vostre ferite?
— Guariscono a vista d’occhio. Ma... dove siamo noi, signore?
— Navighiamo verso il gruppo delle Nuove Ebridi.
— Ah!... Non siamo adunque molto lontani dalle isole Figii?
— Spero di raggiungerle fra cinque o sei giorni, e di arrivare in tempo per salvarli. Se non li trovassimo, mia figlia ne sarebbe dolentissima.
— Ah! È vostra figlia la signora! — esclamò il naufrago con uno strano accento.
— Sì, miss Anna è mia figlia.
— E naviga sempre con voi?
— Da parecchi anni.
— Bella e coraggiosa fanciulla, — mormorò il marinaio fissando nuovamente la giovane donna. — Miss, vi ringrazio dal più profondo del cuore dell’interesse che prendete pei miei compagni di sventura. Vi serberanno riconoscenza per lungo tempo.
— È dovere d’ogni donna d’interessarsi dei disgraziati, — rispose la giovanetta. — Non avrei mai perdonato all’equipaggio di un vascello che non fosse accorso in aiuto di poveri marinai minacciati dai denti degli antropofagi.
— Grazie, miss; voi siete troppo buona.
— Ditemi, Bill, — chiese improvvisamente il tenente avvicinandosi al naufrago. — Avete mai udito parlare dell’isola di Norfolk? —
Il marinaio a quella brusca interrogazione, che forse era lungi