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EGLOGA SETTIMO.

Sincero solo.


Come notturno uccel nemico al sole,
Lasso vo io per luoghi oscuri e foschi,
Mentre scorgo il dì chiaro in su la terra:
Poi quando al mondo sopravvien la sera,
Non com’altri animai m’acqueta il sonno,
Ma allor mi desto a pianger per le piagge.
Se mai quest’occhi tra boschetti o piagge,
Ove non splenda con suoi raggi il sole
Stanchi di lacrimar mi chiude il souno;
Vision crude, ed error vani e foschi
M’attristan sì, ch’io già pavento, a sera
Per tema di dormir dittarmi in terra.
O madre universal benigna terra,
Fia mai ch’io posi in qualche verdi piagge,
Tal che m’addorma in quella ultima sera,
E non mi desti mai per fin che ’l sole
Vegna a mostrar sua luce agli occhi foschi,
E mi risvegli da sì lungo sonno?
Dal dì che gli occhi miei sbandiro il sonno,
E ’l lelticciuol lasciai per starmi in terra,
I dì seren mi fur torbidi e foschi,
Campi di stecchi le fiorite piagge;
Tal che quando a’ mortali aggiorna il sole,
A me si oscura in tenebrosa sera.
Madonna, sua mercè, pur una sera.
Giojosa e bella assai m’apparve in sonno,
E rallegrò il mio cor; siccom’il sole
Suol dopo pioggia disgombrar la terra;
Dicendo a me: vien, cogli alle mie piagge
Qualche fioretto, e lascia gli antri foschi.