Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/226

Da Wikisource.
196


il Lilibeo. Enaria, o Tschia, altrimenti detta anche Inarime, e Pitecusa, è un’isoletta nel seno di Napoli, così chiamata dalla stazione, che vi fecero le navi di Ènea. Pompei, città, che non era molto lontana dal monte Vesevo, le cui rovine che di mano in mano si discoprono, sono preziosissime agli Artisti, ed a tutti i saggi estimatori delle antichità. Al dir di Solino ella fu fondata da Ercole, ed ebbe il suo nome dalla pompa, con cui quell’Eroe aveva quivi di Spagna condotto i buoi. Venne dalla terra inghiottita a’ tempi di Nerone; su di che, se più brami, vedi il Lib. 15 delle Storie di Cornelio Tacito. Era le varie eruzioni del monte Vesevo è celebre anche quella, che intervenne, regnando Tito Vespasiano, coma scrive Svetonio nella vita di questo Imperatore. Per essa fece Marziale il seguente Epigramma xliv. del Lib. iv., nel quale il Poeta fa un’adombramentazione di Pompei.


De Vesvio Monte
Hic est pampineis viridis modo Vesvius umbris:
Presserat hic madidos nobilis uva lacus.
Haec juga, quam Nyssae colles, plus Bacchus amavit:
Hoc nuper Satyri monte dedere choros.
Haec Veneris sedes, Lacedaemone grattar illi:
Hic locus Herculeo nomine clarus erat.
Cuncta jacent flammis, et tristi mersa favilla;
Nec Superi vellenl hoc licuisse sibi.


Trovai in terra sedere il venerando Iddio ec. Per questo Iddio intendi null’altro, se non che il fiume Sebeto, rappresentato sotto la forma d’un Dio. Virgilio similmente nel Lib. viii. dell’En. rappresentò il Tevero:


Huic Deus ipse loci, fluvio Tyberinus amoeno,
Populeas inter senior se attollere frondes
Visus. Eum tenuis glauco velabat amictu
Carbasus, et crines umbrosa tegebat arando.


La bellezza dell’alto tugurio ec. Linterno, dove il gran bifolco Africano, cioè Scipione, si ritirò abbandonando Roma, come ingrata al suo valore, col quale era stato rettore di tanti armenti, cioè di tanti eserciti. Il Sansovino. Vedi l’Annotazione alla Prosa Settima pag. 79. — Anfione fu figliuolo di Giove, o secondo altri di Mercurio, dal quale avendo ricevuto la lira, sì soavemente la sonò, che trasse i sassi per edificare le mura della città di Tebe.

Barcinio, e Summonzio furono due letterati Napolitani, amicissimi del Sanazzaro. L’Anonimo che fa le Note alla vita dei Sanazzaro scritta dal Crispo, dice che Pietro Summonzio, o Summonte, eruditissimo stampatore, era dell’Accadema del