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Ma torni il mondo a quelle usanze prime.
Fioriscan per le cime
I cerri in bianche rose;
E per le spine dure
Pendan l’uve mature:
Sudin di mel le quercie alte e nodose;
E le fontane intatte
Corran di puro latte.
Nascan erbette e fiori,
E li fieri animali
Lascin le lor asprezze e i petti crudi:
Vengan li vaghi amori
Senza fiammelle o strali
Scherzando insieme pargoletti e ignudi:
Poi con tutti lor studi
Cantin le bianche ninfe,
E con abiti strani
Saltin Fauni e Silvani:
Ridan li prati, e le correnti linfe;
E non si vedan oggi
Nuvoli intorno ai poggi.
In questo dì giocondo
Nacque l’alma beltade,
E le virtuti racquistaro albergo:
Per questo il cieco mondo
Conobbe castitade,
La qual taut’anni avea gittata a tergo;
Per questo io scrivo, e vergo
I faggi in ogni bosco;
Tal che omai non è pianta
Che non chiami Amaranta;
Quella ch’addolcir basta ogni mio tosco;
Quella per cui sospiro,
Per cui piango e m’adiro.
Mentre per questi monti