Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/82

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da e senta puntualmente ciò, che per noi oggi in sua ricrdazione si fa sovra la nova sepultura. La qual cosa se è pur vera, or come può egli essere, che a tanto chiamare non ne risponda? Deh tu solevi col dolce suono della tua sampogna tutto il nostro bosco di dilettevole armonia far lieto: come ora in picciol luogo rinchiuso, tra freddi sassi sei costretto di giacere in eterno silenzio? Tu con le tue parole dolcissime sempre rappacificavi le questioni de’ litiganti pastori: come ora gli hai, partendoti, lasciati dubbiosi e scontenti oltra modo? O nobile padre e maestro di tutto il nostro stuolo, ove pari a te il troveremo? i cui ammaestramenti seguiremo noi? sotto quale disciplina vivremo ormai sicuri? Certo, io non so chi ne fia per lo innanzi fidata guida nei dubbiosi casi. O discreto pastore, quando mai più le nostre selve ti vedranno? quando per questi monti fia mai amata la giustizia, la drittezza del vivere, e la riverenza degli Dii? le quali cose tulle sì nobilmente sotto le tue ali fiorivano; per maniera che forse mai in nessun tempo il reverendo Termino segnò più egualmente gli ambigui campi, che nel tuo. Oimè chi nei nostri boschi omai canterà le Ninfe? chi ne darà più nelle nostre avversità fedel consiglio, e nelle mestizie piacevole conforto e diletto, come tu facevi cantando sovente per le rive de’ correnti fiumi dolcissimi versi? Oimè che appena i nostri armenti sanno senza la tua sampogna pascere e per li verdi prati; li quali mentre vivesti solevano sì dolcemente al suono di quella ruminare l’erbe sotto le piacevoli ombre delle fresche elcine. Oimè che nel tuo di-