Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/93

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sa; nondimeno per non usare officio di uomo inarato a chi, perdonimi egli, cantra ogni dovere di tanto onore mi reputò degno, io mi sforzerò, in quanto per me si potrà, di obbedirlo. E perchè la vacca da Carino smarrita mi fa ora rimembrare di cosa, che poco mi aggrada; di quella intendo cantare: e voi, Opico, per vostra umanità, lasciando la vecchiezza e le scuse da parte, le quali al mio parere son più soverchie, che necessarie, mi risponderete; e cominciò.


ANNOTAZIONI

alla Prosa Sesta.


Il Trojano Paris ec. Paride, figliuolo di Priamo e di Ecuba, avanti di rapir Elena, e d’essere perciò cagione della guerra, che i Greci fecero a Troja, fu pastore sul monte Ida, ove s’innamorò di Enone, dalla quale ebbe due figliuoli, Dafni, ed Ideo, ed ove essendo giustissimo nello sciogliere le cortroversie, s’acquistò sì grande fama di giustizia, che Giunone, Pallade e Venere lo scelsero per giudice della quistione chi tra loro fosse la più bella.

Perocchè i lupi prima mi videro ec. Questo è detto secondo la volgare antichissima opinione che quello a cui manchi la voce, o abbia veduto il lupo, o sia stato veduto dal lupo. Virgilio così nell’Egl. ix.


Omnia fert aetas, animuni quoque, Saepe ego longos
Cantando puerum memini me condere soles:
Nunc oblita mihi tot carmina: vox quoque Moerim
Jam fugit ipsa: lupi Moerim videre priores.


Da tale falsa opinione nacque il proverbio, lupus in fabula, quando sopraggiungendo una persona, della quale parliamo, ci toglie la facoltà di continuare il nostro discorso.