Vai al contenuto

Pagina:Sanvittore - i misteri del processo monti e tognetti, 1869.djvu/125

Da Wikisource.
120 i processi di roma

poi prevalso la volontà dei più accaniti clericali. Costoro disponendo dell’obolo di San Pietro, e degli arrolamenti della marmaglia mondiale, avevano acquistato un tale sopravvento nelle cose di governo, che sovente lo stesso cardinale Antonelli aveva dovuto piegarsi ai loro voleri.

Conoscendo l’indole buona del cardinale Baldoni, la principessa pensò che da lui solo si poteva ottenere una intercessione abbastanza potente per indurre il Papa a fare la grazia ai due condannati, o almeno al più giovane di essi, ch’era Tognetti.

Si avvicinò dunque al porporato, e lo pregò di passare con essa in un salottino, dove a sua richiesta li seguì anche l’avvocato Leoni.

La signora lo presentò al cardinale, come l’avvocato che aveva strenuamente difesi i due condannati a morte dalla Sacra Consulta, poi espose con tutto il calore la domanda, ch’essa medesima gli faceva in nome di lui. Tutto ciò che può dettare la passione a una donna essa lo disse; l’avvocato aggiunse tutte le ragioni, che la giurisprudenza e la logica suggerivano, per consigliare la grazia sovrana in quella occasione.

Egli fece osservare a Sua Eminenza come Monti e Tognetti non potessero dirsi autori principali del delitto di Lesa Maestà, pel quale erano stati condannati, non potendo essi venir considerati altrimenti che come agenti subalterni della ribellione, e perciò non dovevano essere puniti colla pena capitale; tanto più che la condanna, non solo non era stata pronunciata all’unanimità, ma era stata anzi decisa da una debolissima maggioranza. Che Tognetti in ispecie, stando anche all’accusa, non avrebbe avuto nel fatto che una parte del tutto secondaria, e militava poi anche a suo favore la giovane età di ventitrè anni.

Il cardinale Baldoni ascoltò attentamente, stette alquanto rensoso in silenzio. Poi prese una mano della principessa e una dell’avvocato, le strinse colle sue disse:

— Domani io mi presenterò a Sua Santità; e tutto quanto è possibile per ottenere la grazia dei due condannati, o almeno del solo Tognetti, io lo dirò, e lo farò. Pregate il Signore perchè mi assista.

La principessa e l’avvocato, con moto spontaneo e concorde, si abbassarono a baciare le mani del cardinale, ch’era in quel momento il sacerdote vero dell’amore e del perdono.

La principessa Rizzi non aveva chiusa la porta del gabinetto per non destare sospetti, e credendo che nessuno sarebbe stato tanto indiscreto da scrutare il segreto di quel colloquio.

Ma ella si era ingannata.

Il cavaliere Marini era, come sappiamo, nella festa. Quell’uomo possedeva un istinto poliziesco tutto speciale, un colpo d’occhio da vero inquisitore: erano queste le qualità che lo distinguevano, e che avevano fatto di lui il processante pontificio per eccellenza.