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64 | i processi di roma |
— Impossibile!
— Non lo dite. Io so che voi potete accordare la libertà a uno di quei detenuti.
— E come ordinare la scarcerazione di un reo di lesa maestà? Ma ciò è impossibile assolutamente, lo ripeto.
— È questa l’ultima vostra parola?
— L’ultima, la sola.
Ebbene, disse la principessa dopo un istante di risoluzione: Voi non mi vedrete mai più.
— Cugina!
— Ho deciso.
— Che cosa?
— Non m’interrogate. Fui troppo vile per essermi esposta a un vostro rifiuto.
Il silenzio regnò per qualche minuto nella sala. La principessa era seduta in un seggiolone collo sguardo fisso dinanzi a sè. Monsignor Pagni, in piedi a poca distanza, la guardato cupamente. Finalmente egli disse:
— Voi, o signora, volete ottenere per mio mezzo la salvezza di un uomo che amate.
— Non è vero!... Ve lo giuro per la mia estrema salute. Non si tratta che di un debito di gratitudine. L’uomo che io voglio salvare, è il figlio di una donna, a cui debbo la vita.
— E nessun altro vincolo vi lega a lui?
— Nessuno.
— Non è desso...?
— È un povero giovane, un semplice muratore.
— Ebbene, vi farò vedere quanto mi è preziosa la vostra amicizia. Per servirvi mi espongo a un assoluta rovina. Mi faccio complice della evasione di un detenuto politico!
E il prelato andò a scrivere alcune linee sopra un foglietto di carta, poi lo porse alla principessa.
— A voi!... il capo custode delle Carceri Nove consegnerà uno dei prigionieri a chi gli presenterà questo viglietto.
— Oh grazie!
Così dicendo essa vinse un intimo senso di ribrezzo, e stese la sua destra a monsignor Pagni.
Egli presa quella mano, la strinse, sorrise, e uscì dalla stanza.
La principessa aperse la porta della stanza e chiamò Maria.
— Ho vinto... ho ottenuto! Tuo figlio è salvo.
— Mia buona signora! esclamò Maria, baciandole ripetutamente la mano.
— Ascolta: questa notte dobbiamo farlo uscire dalla prigione, e ridurlo in salvo. Prendi questo denaro; cerca una vettura. A mezzanotte ti troverai con quella in via Giulia innanzi alle Carceri Nove. Là mi rivedrai.