Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/141

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libro primo - capitolo v 135


sarebbe altro se non un dar fomento a tutta la loro dottrina. In contrario, Giovan Pietro Caraffa, cardinale teatino, mostrò che la riforma era necessaria, e grand’offesa de Dio essere il tralasciarla: e rispose esser regola delle azioni cristiane che sí come non s’ha da far alcun male acciò ne succeda bene, cosí non si debbe tralasciare alcun bene di ubbligazione per timore che ne succedi il male. Varie furono le opinioni; e finalmente, dopo detti diversi pareri, fu concluso che si differisse ad altro tempo di parlarne, e comandò il pontefice che fosse tenuta segreta la remostranza fattagli dalli prelati. Ma il Cardinal Scomberg ne mandò una copia in Germania; il che da alcuni fu creduto non essere fatto senza saputa del pontefice, acciò che fusse veduto che in Roma vi era qualche disegno e qualche opera ancora di reformazione. La copia mandata fu subito stampata e pubblicata per tutta Germania, e fu anco scritto contra di quella da diversi in lingua tedesca e latina. E pur tuttavia nella medesima regione cresceva il numero de’ protestanti, essendo entrati nella loro lega il re di Dania e alcuni principi della casa di Brandeburg.

Avvicinandosi il mese di novembre, il pontefice pubblicò una bolla di convocazione di concilio a Vicenza; e causando che per la vicinitá dell’inverno vi era bisogno di prorogar il tempo, l’intimò per il primo di maggio dell’anno seguente 1538, e destinò legati a quel luogo tre cardinali: Lorenzo Campegio, giá legato da Clemente VII in Germania, Giacomo Simonetta e Gerolamo Aleandro, da lui creati cardinali.

Uscita la bolla in luce, in Inghilterra fu pubblicato un altro manifesto del re contra questa nova convocazione, inviato a Cesare e alli re e popolo cristiano, dato sotto li 8 aprile dell’istesso anno 1538. In quello diceva che, avendo giá manifestato al mondo le molte e abbondanti cause per quali aveva recusato il concilio che il papa fingeva voler celebrar in Mantova, prolongato poi senza assignazione di certo luoco, non li pareva conveniente, ogni volta che il pontefice avesse escogitato qualche nova via, dover esso pigliar fatica di protestare o ricusare quel concilio che egli mostrasse di voler