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180 l'istoria del concilio tridentino


Dieci giorni dopo li legati, gionse a Trento don Diego Mendoza, ambasciator cesareo appresso la repubblica di Venezia, per intervenir al concilio, con amplissimo mandato dato alli 20 febbraro di Brussellesi e fu ricevuto dalli legati con l’assistenza del Cardinal Madruccio e di tre vescovi, che tanti sino allora erano arrivati; quali per essere stati primi, è bene non tralasciar li nomi loro. E furono: Tomaso Campegio, vescovo di Feltre, nepote del cardinale, Tomaso di San Felicio, vescovo della Cava, fra’ Cornelio Musso franciscano, vescovo di Bitonto, il piú eloquente predicatore di quei tempi. Quattro giorni dopo fece don Diego la sua proposta in scritto. Conteneva la buona disposizione della Maestá cesarea circa la celebrazione del concilio, e l’ordine dato alli prelati di Spagna per ritrovarvisi, quale pensava che ormai fossero in cammino. Fece iscusa di non essere venuto prima per le indisposizioni; ricercò che s’incominciassero le azioni conciliari e la riforma delli costumi, come due anni prima in quel luoco medesmo era stato proposto da monsignor Granvella e da lui. Li legati in iscritto gli risposero lodando l’imperatore, ricevendo la scusa della sua persona e mostrando il desiderio della venuta delli prelati: e la proposta e la risposta furono dalla parte a chi apparteneva ricevute nelli capi non pregiudiciali alle ragioni del suo prencipe respettivamente, cautela che rende indizio manifesto con qual caritá e confidenza si trattava in proposta e risposta, dove non erano parole che di puro complimento, fuori che nella menzione di riforma.

I legati, incerti ancora qual dovesse esser il modo di trattare, facevano dimostrazione di dovere giontamente procedere con l’ambasciatore e prelati, e di comunicare loro l’intiero dei pensieri; onde all’arrivo delle lettere da Roma o di Germania convocavano tutti per leggerle. Ma avvedendosi che don Diego si pareggiava a loro, e i vescovi si presumevano piú del costumato a Roma, e temendo che, accresciuto il numero, non nascesse qualche inconveniente, avvisarono a Roma, consegnando che ogni spacio li fosse scritto una lettera da

potere mostrare, e le cose secrete a parte; perché delle let-