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346 | l'istoria del concilio tridentino |
ricevendo alcun emolumento. Cosí san Gerolemo, prete antiocheno, ma senza cura particolare, e Ruffino d’Aquileia al
modo stesso, e san Paulino ordinato prete di [Barcellona], poco
risedettero. Cresciuto poi il numero di questi, degenerò in
abuso, e li fu dato nome di clerici vagabondi, perché erano
fatti, con quel modo di vivere, odiosi; de’ quali spesso si parla
nelle Leggi e Novelle di Giustiniano; non però mai fu pensato di tener il titolo d’un ufficio e goderne gli emolumenti
non servendo, se non dopo il Settecento nella chiesa occidentale, quando li ministeri ecclesiastici hanno mutato stato,
e sono fatti gradi di dignitá e onori, e anco premi per servizi prestati. E sí come giá nelle promozioni ecclesiastiche,
considerato il bisogno della Chiesa, si provvedeva di persona
atta a quel ministerio, cosí dopo, considerate le qualitá della
persona, si provvede di grado, dignitá o emolumento che gli
convenga: dal che è nato l’esercitar l’opera e il ministerio
per sostituto. Questo abuso introdotto, ha tirato per conseguenza un altro seco, cioè riputarsi disubbligato non solo di
ministrare, ma anco di star presente e assistere a quello che
opera in suo luoco. E veramente, dove non è eletta la industria della persona per l’opera, ma è provvisto di luoco e
grado alla persona, non è ragione che sia astretta ad operare
per se stessa, né assistere all’operante.
Il disordine era tanto innanzi passato, che averebbe destrutto l’ordine clericale, se li pontefici romani non avessero in parte ovviato, comandando che li prelati e altri curati, quantonque per sostituti esercitassero il carico, fossero nondimeno tenuti all’assistenza del luoco, che chiamarono «residenza». Al che anco volsero ubbligare li canonici, non constringendo a questo gli altri chierici beneficiati, né di loro parlando, ma lasciandogli alla consuetudine, anzi abuso introdotto; dal qual silenzio nacque che si riputarono disubbligati: né alli pontefici dispiacque quel volontario inganno, ben vedendo che terminerebbe in grandezza della loro corte. E di qui venne la perniciosa e non mai abbastanza detestanda distinzione di benefici di residenza e di non residenza, la quale è seguita cosí nella dottrina come nel-