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libro secondo - capitolo ix | 403 |
e realtá non è differente dal titolarlo. Erano commesse gravi
esorbitanze nel numero de’ benefici commendati, tanto che in
questo secolo, dopo nati li moti luterani, e mentre tutto il
mondo dimandava riforma, non ebbe rispetto né vergogna
papa Clemente VII, nel 1534, di commendare ad Ippolito cardinale de’ Medici, suo nepote, tutti li benefici di tutto il
mondo, secolari e regolari, dignitá e personati, semplici e
curati vacanti, per sei mesi dal dí che ne avesse presa la
possessione, con facoltá di disponer e convertir in suo uso
tutti li frutti: la qual esorbitanza sí come fu il colmo, cosí
nelli tempi inanzi non ardiva la corte valersi di questo, dando
in commenda ad uno numero molto grande.
Però fu inventato di valersi, per palliar la pluralitá, d’un altro uso antico, trovato per buon fine, che è l’unione. Questa era usata prima, quando una chiesa era destrutta o vero le entrate occupate, che si transferiva quel poco rimanente al vicino, insieme con il carico, facendo tutto un solo beneficio. L’industria del cortegiano trovò che anco fuor di questi rispetti s’unissero piú benefici ad uno, sí che con collazione di quello la pluralitá si copriva affatto, quantonque a favore di qualche cardinale o gran personaggio fossero uniti insieme trenta e quaranta benefici posti in diversi luochi della cristianitá. Nasceva però un inconveniente, che si diminuiva il numero de’ benefici, e la grazia fatta ad uno era poi fatta a’ molti che succedevano, senza che la meritassero e impetrassero, con gran danno della corte e della cancelleria; e in questo fu rimediato con sottile e argutissima invenzione, di unire quanti benefici al papa piaceva in una massa, durante solamente la vita di quello a cui era conferita; per la morte del quale l’unione s’intendesse ipso facto dissoluta, e li benefici ritornati nel loro stato primiero. Con questa maniera si venne all’apice delle belle trovate, potendosi cosí conferir un beneficio in apparenza, che in esistenza ne tirava molti, e confessarsi come quello, che disse aver rubato una briglia da cavallo, tacendo che fosse con quella imbrigliato l’animale.
Per rimediare alla pluralitá era necessario levar l’uso di