Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/79

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libro primo - capitolo iii 73


che per la povertá ed impotenzia sua sarebbe stato di gravezza e non di giovamento alli collegati, e che la privazione dell’imperatore sollevarebbe la Germania, per gelosia che non pretendesse di applicar a sé l’autoritá di crear imperatore. La qual risposta accorgendosi che da’ collegati era penetrato dove mirava, come era eccellente in coprire i suoi disegni, faceva ogni demonstrazione d’aver deposto tutti li pensieri delle cose temporali: fece per molti mezzi intendere a’ fiorentini esser alienissimo dal pensiero d’intromettersi nel loro governo; solamente desiderare che lo riconoscessero come pontefice, e non piú di quanto facevano gli altri prencipi cristiani; che non perseguitassero li suoi nelle cose loro private, si contentassero che nelle fabbriche de’ suoi maggiori vi fossero l’insegne loro. D’altro non parlava che di riforma della Chiesa e di ridur i luterani, ché era risoluto andar in Germania in persona e dar tal esempio che tutti si sarebbono convertiti. E con tal termini sempre parlò tutto questo anno: in modo che molti credevano certo che le vessazioni, mandateli da Dio per emendazione, avessero prodotto il debito frutto. Ma le cose seguite gli anni dopo fecero creder alle persone pie che fossero stata semenza gettata sopra la pietra o vero appresso la strada, e alli piú avveduti che fossero esca per addormentar li fiorentini.

Nel seguente anno 1529, maneggiandosi la pace tra l’imperatore e il re di Francia, remesso l’ardore della guerra, si ritornò alle trattazioni di concilio. Imperocché avendo Francesco Quinones, cardinale di Santa Croce, venuto di Spagna, portato da Cesare al papa la relassazione di Ostia e Civita Vecchia e altre terre della Chiesa consegnate alli ministri imperiali per sicurezza delle promesse pontificie, insieme con ampie offerte per parte dell’imperatore, Clemente, attesa la trattazione di pace col re di Francia che si maneggiava, e considerando quanto gl’interessi suoi ricercassero che si congiongesse strettamente con Carlo, gli mandò Girolamo vescovo di Vasone, suo maestro di casa, in Barcellona, per trattare

gli articoli della convenzione. Alla conclusione de’ quali facilmente si venne, promettendo il papa l’investitura di Napoli