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libro quarto - capitolo v | 165 |
trattar piú abbondantemente le stesse cose, con condizione che
di comun concerto dell’una e dell’altra parte siano eletti giudici, che conoscano sopra le controversie; perché, essendo la
loro dottrina repugnante a quella del pontefice romano e delli
vescovi suoi aderenti, era cosa ingiusta che l’attor, o vero il
reo, fosse giudice: facendo pertanto instanza che le cose fatte li
anni inanzi nel concilio non avessero forza di legge, ma si dasse
novo principio alla discussione d’ogni cosa trattata, non essendo
giusto, quando doi litigano, che quello che è fatto da uno,
assente legittimamente l’altro, sia di valore; e tanto maggiormente, quanto si può chiaramente mostrare che cosí nelle
prossime sessioni come in quelle degli anni inanzi sono pubblicati decreti alla divina Scrittura contrari. E presentarono
la dottrina e il ragionamento loro in scritto: e dal secretarlo fu
il tutto ricevuto, non però la dottrina letta. Fu risposto dal
promotore per nome delli padri che al suo tempo averebbono
dato risposta.
Queste cose fatte, partirono gli elettori e ambasciatori, e con li presidenti restarono li prelati per dar ordine alla sessione. Fu prima stabilito il decreto, e poi proposto il salvocondotto, aggiongendo le cause perché li protestanti non se ne contentavano, e posto in deliberazione se a quella forma si doveva aggiongere quanto ricercavano: né vi fu difficoltá che tutti non convenissero in parere che altro non se vi aggiongesse, per evitar li pericoli d’entrar in dispute inestricabili e in pregiudici inevitabili.
Il giorno seguente 25 di gennaro, deputato giá alla sessione, col solito apparato e comitiva si andò alla chiesa, anzi con numero maggior de soldati, fatti venir dalli presidenti per ostentazione della grandezza del concilio, e con gran numero de forestieri, concorsi per opinione che li protestanti dovessero esser ricevuti pubblicamente e con singoiar ceremonie. Cantò la messa il vescovo di Catanea e fece il sermone Gioan Battista Campegio vescovo di Maiorica; e servati li consueti riti, dal vescovo celebrante fu letto il decreto. La sostanza del quale era: che avendo la sinodo, in esecuzione delle cose inanzi decretate, trattato con accuratezza quello che appartiene al