Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/203

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libro quinto - capitolo i 197


da tanti suoi precessori fu fatto. Imperocché dopo quel tempo, quando si diede principio alla mutazione de’ nomi, per esser assonti al pontificato tedeschi, nominati con vocaboli alle orecchie romane insoliti, li seguenti servarono l’uso di mutar il nome, per significar con quello d’aver mutato li affetti privati in pensieri pubblici e divini: dove questo pontefice, per dimostrare d’aver anco in stato privato avuto pensieri degni del pontificato, con ritener l’istesso nome volle mostrar immutabilitá. Un’altra simile azione fu che, essendogli presentati li capitoli fatti in conclave per giurare, rispose esser quel medesmo che pochi di prima aveva giurato, e voler servarli con fatti, non con promissioni. La settimana santa, che allora si celebrava, e le instanti feste di Pasca furono causa che il pontefice, per l’assiduità alle ceremonie ecclesiastiche, contraesse grave indisposizione; con tutto ciò ebbe il pensiero fisso alle cose che inanzi il pontificato (al quale sempre s’era augurato dover ascendere) disegnato aveva. Con molti cardinali, con quello di Mantova particolarmente, conferí il disegno suo di componer le differenze della religione con un concilio: cosa che diceva non esser riuscita giá, per la via impropria tenuta. Che era necessario prima fare una intiera riforma, per quale resterebbono accordate le differenze reali; il che fatto, le verbali parte da se stesse cesserebbono, parte con leggier opera del concilio si concordarebbono. Che li precessori suoi per cinque successioni avevano aborrito eziandio il nome di riforma, non per fine cattivo, ma persuasi che fosse posta inanzi con mira di abbassar l’autoritá pontificia; ma esso aver contraria opinione che nessuna cosa possi conservarla se non quella; anzi esser anco mezzo di aumentarla: e osservando le cose passate, ognuno poter vedere che quei soli dei pontefici romani, che si sono dati alla riforma, hanno innalzata e accresciuta l’autoritá; che la reforma non levava se non cose apparenti e vane, non solo di nessun momento, ma ancora di spesa e gravezza: li lussi, le pompe, le numerose comitive de prelati, le spese eccessive e superflue e inutili, che non fanno il pontificato venerando, ma