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294 | l'istoria del concilio di trento |
della religione, ma solo delii rimedi per ovviar alli quotidiani tumulti che nascevano per quella, acciocché, coll’uso
del tumultuare fatti licenziosi, non deponessero anco l’ossequio
al re. Furono tre pareri: il primo, che si sospendessero tutte
le pene contra i protestanti sino alla decisione del concilio;
il secondo, che si procedesse a pena capitale contra di loro;
il terzo, che si rimettesse il punirli al fòro ecclesiastico, proibendo le congregazioni pubbliche e occulte e la libertá di predicare o amministrare i sacramenti, salvo che alla romana.
Per risoluzione fu preso temperamento, e formato l’editto, che
si chiamò di luglio: che tutti si astenessero dalle ingiurie
e vivessero in pace; che i predicatori non eccitassero tumulti
in pena capitale; che non si predicasse né amministrasse sacramenti, salvoché al rito romano; che la cognizione dell’eresia
appartenesse all’ecclesiastico, ma se il reo fosse dato al braccio
secolare, non li fosse imposta maggior pena che di bando, e
questo sino ad altra determinazione del concilio universale o
nazionale; che fosse fatta grazia a tutti quelli che per causa
di religione avessero mossi tumulti, vivendo per l’avvenire in
pace e cattolicamente. Poi, trattandosi d’accomodar le controversie, fu ordinato che li vescovi dovessero convenire per li
10 di agosto in Poissi, e alli ministri delli protestanti fosse
dato salvocondotto per ritrovarvisi: contradicendo a ciò molti
delli cattolici, a’ quali pareva cosa strana, indegna e pericolosa che si mettesse in compromesso la dottrina sino allora
ricevuta, e in pericolo la religione dei maggiori. Ma cessero
finalmente, perché il cardinale di Lorena prometteva ampiamente di dover confutar gli eretici e ricevere sopra di sé ogni
carico, aiutandolo anco a questo la regina, la qual, conosciuto
il desiderio del cardinale di ostentar il suo ingegno, aveva
caro satisfarlo.
Al papa andò nova di tutti doi li editti insieme, dove trovò che lodare e che biasmare. Commendava il parlamento che avesse sostenuto la causa della religione; biasmava che, contra le decretali pontificie, non si dovesse proceder a maggior pena che di bando. Per conclusione diceva che, quando li mali superano le forze delli rimedi, altro non si può fare se non alleg-