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CAPITOLO V

(16 maggio-6 giugno 1562).

[Partenza del marchese di Pescara e arrivo degli ambasciatori francesi. — Il papa e la curia sono scontenti del Gonzaga, soprattutto per la mancata dichiarazione della «continuazione», mentre i padri si lagnano dell'eccessiva ingerenza di Roma nel concilio. — L’imperatore minaccia di richiamare i suoi ambasciatori, ove il concilio dichiari la continuazione.— Ricevimento dei francesi: ardito discorso del Pibrac. — Essi chiedono ai legati nuova indizione del concilio e riesame dei decreti approvati. — I partigiani della residenza ne chiedono la decisione, ed i francesi e gli imperiali che si sospenda la trattazione dogmatica e si discuta di riforma, in attesa della venuta dei protestanti. — Si abbandonano poi tali richieste, per timore d’una interruzione del concilio. — Ordine, poi sospeso, di Pio IV che si dichiari la continuazione. — Sessione ventesima: risposta del concilio al discorso del Pibrac e decreto di proroga al 16 luglio. — Proposta degli articoli della comunione sub utraque specie ed ai fanciulli. — Si insiste per trattare della residenza: il Gonzaga riconduce la calma promettendone la trattazione in altra sessione. — Gli imperiali consegnano ai legati il cosíddetto «libello di riforma» di Ferdinando I: risposta dilatoria di questi.]

Celebrata la sessione, il marchese di Pescara partí da Trento, dicendo esser necessitato di ritornar al governo suo di Milano per novi moti eccitati da ugonotti in Delfínato. Ma sapendosi che quelle forze non erano sufficienti per uscire del paese, tra il quale e Milano essendo anco in mezzo il duca di Savoia, fu creduto da molti che cosí avesse commissione dal suo re, il quale, desideroso che il concilio camminasse inanzi, fu risoluto di levare l’occasione d’interromperlo con la controversia di precedenzia, che necessariamente sarebbe seguita, se all’arrivo delli ambasciatori francesi vi si fosse ritrovato ambasciator suo. E doi giorni dopo la partita di quello arrivò Luigi