Vai al contenuto

Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/448

Da Wikisource.
442 l'istoria del concilio di trento


V. Che del numero delli regolari ciascun generale ne elegga tre del proprio ordine.

VI. Che nessuno delli teologi nel dire ecceda il spacio di mezz’ora; e chi sará piú longo, sará interrotto dal maestro delle ceremonie; e chi sará piú breve, maggiormente sará lodato.

VII. Che ciascuno delli teologi, a chi non toccherá luoco di parlar in una materia, potrá portar in scritto alli deputati quello che li parerá necessario circa le cose proposte.

Con queste regole si fece conto che per allora averebbono parlato trentaquattro teologi e s’averebbono potuto udire in dieci congregazioni al piú. Nel stabilire questo ordine, per farlo pubblico nacque difficoltá che inscrizion darli, parendo ad alcuni che, col chiamarlo modo da servare per li teologi, si dovesse incorrer nell’inconveniente opposto da quel spartano alli ateniesi, «che li savi consultassero e l’ignoranti deliberassero»; per evitar il quale la inscrizione fu cosí concepita: «Modo che per l’avvenire si doverá servar nelle materie che saranno esaminate dai teologi minori», inferendo che li prelati fossero poi teologi maggiori.

Gli articoli furono tredici:

I. Se la messa sia sola commemorazione del sacrificio della croce e non vero sacrificio.

II. Se il sacrificio della messa deroghi al sacrificio della croce.

III. Se Cristo ordinò che li apostoli offerissero il suo corpo e sangue nella messa con quelle parole, cioè: «Fate questo in mia commemorazione».

IV. Se il sacrificio della messa giovi solamente a chi lo riceve, e non possi esser offerto per altri cosí vivi come morti, né per i peccati, satisfazioni e altre loro necessitá.

V. Se le messe private, in quali il solo sacerdote riceve la comunione senza altri comunicanti, siano illecite e debbiano esser levate.

VI. Se è contrario alla instituzione del Signore il mischiar l’acqua col vino nella messa.