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Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/480

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474 l'istoria del concilio di trento


[Egidio Falcetta] vescovo di Caurle fece la stessa instanza che li ambasciatori imperiali si ritirassero, e inveí gravemente contra le parole del Cinquechiese narrate dal La Cava. Molti prelati spagnoli in conformitá fecero instanza alli legati che li cesarei non intervenissero nelli trattati dei padri durante questa consultazione, bastando che in fine intendessero la resoluzione della sinodo: ma contradicendo alcuni altri, e dicendo che piú essi, a chi toccava, che gli altri dovevano intervenire, e che l’escluder quelli di chi si tratta è cosa aliena dall’uso delle sinodi, li legati, considerato che giá avevano cominciato ad esser presenti e che non si potevano escluder senza pericolo di rumore, risolverono di non far altra novitá.

Il vescovo di Conimbria fu di parere che si rimettesse al pontefice il conceder la grazia, con cinque condizioni: che quelli, a chi s’aveva da far, abgiurassero tutte l’eresie, e in particolare giurassero di credere che tanto si contiene sotto una specie quanto sotto ambedua, e tanta grazia parimente si riceva; che scaccino i predicatori eretici; che ne ricevino in loro cambio de cattolici; che non possino riservare il calice né portarlo alli infermi; e che Sua Santitá non dovesse commetter ciò alli ordinari, ma mandar legati; e non si facesse la resoluzione in concilio, perché quando fosse stata pubblicata, averebbe fatto insuperbir gli eretici e dato scandolo a moltissimi cattolici. Perché, se pur questa dispensazione si doveva fare, conveniva non metterla agli occhi di tutte le genti.

Il vescovo di Modena sostenne che non si poteva negare, perché sempre dopo il concilio di Costanza la Chiesa avendosi riservata la facoltá di dispensare, ha mostrato che fosse alle volte conveniente farlo; che Paulo III giá aveva mandato nonci a rilasciarla, perché si era avveduto che la proibizione non aveva fatto frutto in tanti anni; che mai si avevano potuto ridur i boemi; che l’uso del calice era conforme all’instituzione di Cristo e servato dalla Chiesa per altri tempi.

Fra’ Gasparo di Casal vescovo di Liria, uomo di esemplaritá e dottrina, difese il medesimo parere. Disse, in somma, non maravigliarsi della diversitá delle opinioni, perché quelli