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476 l'istoria del concilio di trento


bisognava far capace l’imperatore che la dimanda non era utile per li suoi stati. Fece anco instanza alli legati che non dovessero far fondamento sopra quelli che da principio avevano parlato di rimetter al papa, avendo parlato confusamente; e che si dovesse far una scelta de voti, come in altre occasioni s’era fatto, con far risponder ciascuno per il sí o per il no, e tralasciar li modi artificiosi che alcuni erano stati constretti ad usare per dar sodisfazione. Fu seguito da fra’ Gioanni de Munatones vescovo di Segorve, il quale disse che prima era stato di opinione che la grazia non fosse negata; ma udito il vescovo di Rieti, era necessitato per carico di conscienzia mutarsi e mettersi per la parte negativa: che il concilio era in questa causa giudice, al quale conveniva aver gran risguardo che, condescendendo improvvidamente alla Maestá cesarea, non si facesse pregiudicio agli altri principi. Fra’ Marco Laureo, vescovo di Campagna, disse che l’imperator non dimandava di cuore questa concessione, ma che bastava a Sua Maestá far questa mostra per acquistar i suoi populi; e però sarebbe stato ben dargli conto delle difficoltá, acciò Sua Maestá potesse giustificarsi con loro.

Pietro Danesio, vescovo di Lavaur, non definí se fosse o non fosse da conceder il calice, ma tutto si consumò contro l’opinione di rimettere al papa. Disse in sostanza che forse il pontefice ne resterebbe offeso, perché essendo prima stato ricercato lui, e, per non poter saper o voler risolversi, avendo inviato le richieste al concilio, era manifesto indicio che non gli piacerebbe vedersi riposto nelle medesime ambiguitá. E il concilio, che è un gran numero di persone, poter piú facilmente sostener la carga delle importunitá di chi non sodisfatto si dolerá e ricercará rimedio, che non il pontefice sola persona, al quale per conservazione della dignitá convien tenir conto di molti rispetti. Poi si dará ansa alli calunniatori, che diranno esser un giuoco per deluder il mondo che il papa rimette al concilio e il concilio al papa. In fine venne allo stretto, dicendo: o si vuole rimettere al papa come a superiore, o come ad inferiore; o vero se gli rimette, perché non bastando