Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/133

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libro settimo - capitolo viii


tani e ricevere comandamento come governarsi, e tra tanto per metter a campo materia che facesse scordare questa, tornarono nella residenza. Sopra la quale avendo Lorena e Madruccio composta una formula, e presentatala qualche giorni inanzi alli legati, essi, senza pensar piú inanzi, l’approvarono. Ma avendola poi consultata con li canonisti, non fu da quelli lodata una particola, dove si diceva che li vescovi sono tenuti per divino precetto attendere e invigilare sopra il gregge personalmente. Per il che, dubitando che a Roma non avessero il medesmo senso, mutarono quelle parole, e cosí reformata la proposero in congregazione. Di questa mutazione restarono Lorena e Madruccio offesi gravemente, parendo loro di esser sprezzati; e Lorena diceva che per l’avvenire non voleva pigliar altro pensiero, né piú voleva trattar con prelati, ma attendere a dir il suo voto con modestia, servendo però amorevolmente li legati, se avesse potuto, in qualche opera onesta. E Madruccio non restava di dire che vi era un concilio piú secreto dentro il concilio, che si attribuiva maggior autoritá. Ma li legati, vedendo che ogni remedio tornava in male, lasciarono di far congregazioni. Né questo era abbastanza, perché li prelati facevano private congregazioni tra loro, e li legati continue consulte. E l’arcivescovo d’Otranto e altri aspiranti al cardinalato, dove tenevano certo arrivare se il concilio si separava, erano accordati di opporsi ad ogni cosa per far nascer tumulto; e appassionatamente andavano attorno, eziandio la notte, facendo pratiche e facendo sottoscriver polizze; la qual cosa se ben quanto all’effetto piaceva alli legati, quanto al modo però alla maggior parte di loro dispiaceva, come di cattivo esempio e che poteva partorir gravissimo scandolo. E anco nella parte contraria non mancava chi desiderava la dissoluzione; ma ciascuna parte aspettava occasione che la colpa fosse attribuita all’altra: onde li suspetti dell’una e l’altra parte crescevano.

Il Cardinal di Lorena si doleva con tutti che si cercasse di sciogliere la sinodo, e ne fece querela con tutti li ambasciatori dei principi, pregandoli di scrivere alli loro patroni e