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142 l'istoria del concilio tridentino


qual stimavano principal arcano per conservar l’autoritá pontificia. Ma piú si mossero per quello che disse d’aver differito la proposizione delle cose piú importanti in altro tempo; perché da questo si cavavano gran consequenzie, e massime quello di che avevano sempre temuto, cioè che li francesi non avessero ancora scoperto li loro disegni, e macchinassero qualche grand’impresa. L’aver anco interpellato li padri italiani e spagnuoli, come altramente interessati che il papa, era stimato modo di trattar sedizioso. L’ambasciator Ferrier diede fuori copia dell’orazione da lui fatta; e per quelle parole dove, nominando il papa, di lui disse: «il quale ha suprema potestá nella Chiesa di Dio», notarono alcuni prelati pontifici che nel recitarla avesse detto: «il qual ha piena potestá nella Chiesa universale», tirando a favor della loro opinione quelle parole, e disputando tanto essere «aver piena potestá nella Chiesa universale» quanto «regger la Chiesa universale», che li francesi aborrivano tanto nel decreto dell’instituzione. Ma esso e li francesi affermavano lui aver prononciato come nella scritta si conteneva.

Partí Lorena il dí seguente per Inspruc per visitare l’imperatore e il re de’ romani, con nove prelati e quattro teologi, tenuti li piú dotti. Ebbe prima promessa dalli legati che, mentre stava assente, non s’averebbe trattato l’articolo del matrimonio de’ preti; il che egli cercò instantemente, acciò non fosse deliberato o preconcepito qualche cosa contraria alla commissione che egli aveva dal re, d’ottener dal concilio dispensa che il Cardinal di Borbone potesse maritarsi. Partí ancora per Roma il Cardinal Altemps, richiamato dal pontefice per valersi di lui in maneggiar una condotta de soldati che disegnava fare per sua sicurezza. Perché avendo inteso farsi gente in Germania dalli duchi di Sassonia e Virtemberg e dal langravio di Assia, quantunque fosse tenuto da tutti che fossero per soccorrer gli ugonotti di Francia, nondimeno, considerato che il conte di Luna aveva scritto esser gran desiderio nelli tedeschi d’invader Roma, e che si ricordavano del sacco di giá trentasei anni, giudicava che non fosse prudenzia il