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178 | l'istoria del concilio tridentino |
soverchia libertá, ne rincrescerebbe forse molto a Sua Maestá
cattolica. Che quanto alla riforma, gli impedimenti non venivano da lui: che egli sarebbe andato differendo le dimande
dei prencipi sopra la comunione del calice e altre tal novitá,
come Sua Maestá desiderava; ma che ella considerasse che,
sí come la mente di Sua Maestá non è conforme a quella
degli altri nelli particolari del calice e matrimonio de’ preti,
cosí in ogni altro vi è chi fa instanzia e chi si oppone a
quella di lei. Concluse in fine che stava a Sua Maestá vedere
un fruttuoso e presto fine del concilio, dal quale quando egli
fosse stato libero, ella si poteva prometter ogni favore.
In concilio il 20 marzo finirono di parlare li teologi sopra tutti gli articoli del matrimonio. Si ristrinsero li legati per deliberare se dovevano nelle congregazioni dei padri proponere la dottrina e canoni dell’ordine e residenzia, e deputar prelati per formar la dottrina e canoni del matrimonio. Ma considerando che francesi e spagnoli si sarebbono opposti, e che si potrebbono eccitar maggior controversie di quelle che sino allora erano, e quando avessero voluto proponer gli abusi solamente, venivano appunto a dar occasione alli imperiali e francesi di entrar nella materia della riforma, erano perplessi. Sarebbe stato utile il tentare d’accomodar alcuna delle difficoltá; e a questo inclinava varmiense. Ma in contrario Simonetta dubitava che per la poca fermezza del collega non fosse successo qualche grave pregiudicio; e attribuendo la colpa di tutti li desordini occorsi in concilio alli doi legati morti, che con aver proceduto nella materia della residenzia piú secondo il proprio senso che secondo i bisogni della Chiesa, per troppo bontá avevano causato tanto male, e che non era da mettersi in pericolo di vederne di maggiore, però non consentiva che di alcuna di esse si parlasse. Onde finalmente conclusero d’intermettere tutte le trattazioni sino alla venuta del li altri legati. Dopo la qual risoluzione Lorena deliberò di andar in quel mentre sino a Venezia, per ricever nel viaggio qualche relassazione d’animo per il dolore concepito per la morte del gran priore suo fratello, che gli aveva anco rinovata la piaga del dispiacere per la morte dell’altro.