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libro ottavo - capitolo vi


ticolarmente del regno di Napoli e stato di Milano. Imperocché avendo sino al mese inanzi proposto il re cattolico al pontefice di metter nello stato di Milano l’inquisizione ad usanza di Spagna, e per capo un prelato spagnolo, allegando che era necessario, per la vicinanza dei luochi infetti, un’esquisita diligenzia per servizio di Dio e mantenimento della religione; e avuto notizia che il papa ne avesse fatto proposizione in consistoro, alla quale, quantonque fosse stato contradetto da alcuni cardinali, il papa ne mostrava inclinazione, persuaso dal cardinale di Carpi, il quale rappresentava l’opera per utile a tener la cittá di Milano in devozione verso la sede apostolica (ufficio che egli fece per occulta speranza, fomentata dall’ambasciator spagnolo, che per quel servizio dovesse acquistar il favor del re di Spagna al papato); le cittá di quello stato mandarono al pontefice Sforza Morone, e al re cattolico Cesare Taverna e Princisvale Bisosto, e al concilio Sforza Brivio: questo a pregar tutti li prelati e cardinali di quello stato a compatir la patria comune, la qual essendo ridotta in miseria per le eccessive gravezze, si dissolverebbe a fatto con quella che superava tutte, preparandosi giá molti cittadini per abbandonar il paese, sapendo molto bene che quell’ufficio in Spagna non sempre aveva proceduto per medicar la conscienza, ma bene spesso anco per vuotar la borsa e per altri fini mondani. E se lá, sotto gli occhi del re, quelli che sono preposti a tal ufficio cosí rigidamente dominano li propri patriotti, quanto maggiormente lo farebbono in Milano, lontani dal rimedio, e verso persone meno amate da loro! Espose il Brivio in Trento il travaglio e pena che sentivano li cittadini generalmente per sí mala nova, richiedendo li prelati di favore. Ma quell’esposizione maggior dispiacere causava in essi prelati, che ne temevano piú che li secolari; e quei del Regno dubitavano che, imponendosi il giogo allo stato di Milano, non potessero recusarlo essi, come avevano fatto alcuni anni inanzi. Si congregarono insieme li prelati lombardi e deliberarono scriver al pontefice e al Cardinal Borromeo lettere da tutti essi sottoscritte: a questo, con dire che era pregiudicio suo, al qual toccava,