Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/336

Da Wikisource.
330 l'istoria del concilio tridentino


canonici, differir quel capo alla seguente sessione, e adoperarono li ambasciatori cesarei a fare che di tanto il conte si contentasse. E cosí anco quella difficoltá fu sopita.

Restava la dechiarazione del Proponentibus legatis: alla quale non trovando temperamento, dissero al conte che esso dovesse proponer una formula come desiderava che si facesse. Da che scusandosi egli, deputarono tre canonisti a trattar con lui e trovar modo che li piacesse, purché non fosse con alterazione del modo dato dal papa. Ma opportunamente in quell’occasione era arrivato il Cardinal di Lorena, il qual essendo partito da Roma con instruzione e conclusione di tutte le cose, e passato da Venezia per trattar con li ambasciatori che ritornassero inanzi il fine del concilio, gionto a Trento, con la sua destrezza fece ricever al conte con sodisfazione quel modo. Con che fu posto fine a questa tanto agitata difficoltá con sodisfazione di tutti; e fu posto per ventun capo della riforma; il qual fu proposto in congregazione tenuta il di 9 novembre a questo effetto, e approvato con poca repugnanzia. Dopo che, fu levato il sesto; onde, stabilito questo, furono reietti tutti li capi e detti brevemente li voti. Nei quali il Cardinal di Lorena, per salvar l’onor suo, disse che, quantonque desiderasse maggior riforma, nondimeno, sapendo che non si può nel principio venir alli estremi rimedi, assentiva alli decreti, non giudicandoli bastanti, ma sperando che il pontefice, o con rimetter in uso li vecchi canoni, o con celebrar altri concili generali, li darebbe compimento. Ed è cosa degna di memoria che in quella congregazione fece una longa digressione in forma di encomio della buona volontá del papa, del desiderio di veder la Chiesa riformata e il grado episcopale restituito alla sua antica dignitá, e il concilio finito con frutto di tutta la cristianitá. L’arcivescovo di Granata, quando toccò a lui a parlare, esso ancora passò nelle laudi del papa, e li attribuí altrettanta buona volontá, quanto il cardinale aveva fatto; ma soggionse che o veramente il papa giudica di non poter ordinare come sente, o vero non ha autoritá di far che li suoi ministri e dependenti esequiscano.