Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/211

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lettere di fra paolo sarpi. 151

tostia alle accuse e improperi di essi. Ed è, in fin de’ conti, un perfetto segno d’integrità il riscuoterne l’odio, massime poichè non si può essere dei loro. Già dopo il divulgamento degli atti del sinodo Tridentino, i quali discopersero i misteri di Cerere, fecero ordinanza che s’avesse a dipingere a uso del profondo inferno il sembiante suo ed il mio, audaci cotanto da non adorare l’onnipotenza pontificale. Godo ch’Ella abbia letto il catalogo degli scrittori illustri di essa Compagnia: io l’ho divorato con saporitissimo gusto. E chi, infatti, si terrà dal ridere leggendo che il padre Tommaso Sancio, a forza di minacce, strappò dalla Beata Vergine un miracolo, e poi in un attimo si diè a seguir Cristo? Se a Dio piace, non mancheranno Gesuiti i quali affermino i vescovi non essere arrolati sotto all’insegne di Cristo. Che stonatura trovereste in ciò? Il cielo volesse che quel poeta il quale, sull’esordire del canto, propone a tutti loro il viaggio per l’Indie, gli persuada in modo da indurli a fare i fagotti!1 Ma non voglion ire; anzi ci minacciano segnando d’un asterisco i nomi di que’ Collegi e case che occupavano sotto la giurisdizione della Repubblica, e ricordando che non per anco gli hanno recuperati. Ma comecchè abbiano ammaliato alcuni, col favor del Signore noi sventeremo forse le loro trame.

Ma torno a dire della vostra eccellentissima persona. Lòdovi, che vi dilunghiate a un’ora dalla superstizione e dall’empietà. Io ho più in uggia la superstizione. L’empio a sè stesso nuoce; dissemina


  1. Un moderno, lodando i Gesuiti, li confortava a dedicarsi interamente all’opera delle Missioni; il che vuol dire, in altri termini, a render libera l’Europa dalla loro presenza.