Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/374

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314 lettere di fra paolo sarpi.

ito in dissuetudine conviene che torni in usanza. Già cinquecento anni, in Francia quelle chiese usavano un contratto chiamato precario con i laici, il quale laico cedeva liberamente alla Chiesa la sua possessione, ed ella dava a lui a godere durante la sua vita (abbenchè non rendesse) il triplo; e se l’uomo dabbene aveva affetto al suo particolare, si contentavano anche, donandolo egli liberamente alla Chiesa, dargli da godere l’istesso durante la sua vita, con altri beni che rendessero il duplo, sicchè ognuno poteva triplicare le sue entrate vivendo, ed anche farsi amici, qui reciperent in æterna tabernacula. Il modo è molto più utile che investir sulla vita; perchè questo non fa se non duplicare in terra senza acquisto in cielo; e quello triplicava in terra, centuplicando in cielo.1 M’è stato grato l’intendere come i buoni Padri, restitutori dell’antichità, ritornino in uso i buoni costumi vecchi. Intendo per buona via che siano corsi stretti trattati di cacciarli di Germania, e che con difficoltà essi potranno difendersi; e persona molto saputa mi dà termine due anni.

Bisogna che la parentela tra l’amico nostro di Francia e quello di Torino2 sia ita in fumo, insieme con tutte le canzoni. L’ambasciatore Mocenigo tratta in tal maniera, che il papa è descritto da lui, ed ha incominciato a predicare degli ecclesiastici.3 È creduto da’ buoni senatori il maggior amico del


  1. Pungente sarcasmo, il quale noi vorremmo, per la moralità del mondo, che mai la Chiesa non avesse meritato.
  2. “Cioè, tra il re di Francia e il duca di Savoia.„ (Bianchi-Giovini.)
  3. Così ha, con poca chiarezza alcerto, la prima edizione.