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lettere di fra paolo sarpi. 333

senz’altro mezzo, per essere gl’illustrissimi di casa sua tutti fuori di Venezia.

Non son mai stato con l’animo quieto, per timor che le cose successe nel caso dell’abate1 non partorissero qualche disgusto, se non dopo venuto l’avviso che Sua Santità ha concesso alla serenissima Repubblica le decime con parole dimostrative di molta affezione, essendo da questa azione assicurato che il pontefice non ha più pensiero di promovere difficoltà a questo governo. La cosa viene interpretata variamente secondo li vari giudizi: da alcuni, che questo sii accidente ordinario a tutti li pontefici, che nel principio del loro papato non sentono bene della Repubblica, e dipendono totalmente da altro principe; e dopo imparato il governo, coll’esperienza mutano in tutto il proposito: da altri, che questo sii un tentare se la dolcezza può fargli guadagnar quello che l’asprezza non ha potuto. Resta anche in dubbio se questo sii per confirmare la Repubblica a rivedere le sue ragioni, poichè le è riuscito così bene sino al presente; oppure farla rallentare, per le dimostrazioni di affezione. Altri che il tempo non può manifestare questi segreti; ma ben è certo che l’illustrissimo Mocenigo avrà acquistato gran credito, poichè subito dopo l’arrivo suo a Roma, pare che cessasse ogni tempesta e la serenità principiasse, la quale si è ridotta a questa tranquillità. Un gentiluomo faceto dice, che il Contarini ha scozzonato un cavallo,2 che il Mocenigo ora passeggia. Il nuncio apostolico al presente non tratta cosa di disgusto, seb-


  1. Cioè, dell’abate Cornaro, di cui nelle Lettere XCVI, XCVII ed altre.
  2. Il bizzarro e mal frenabile cavallo della curia romana.