Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/40

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xxxii fra paolo sarpi.

piangere, e a suo potere contrapporsi alla cecità e alle passioni degli uni e degli altri, e lasciare a Dio, come tante volte è detto in queste Lettere, di rimediare a suo tempo. Codesta dottrina si può ricavare dal Sarpi, e ne adduciamo per prova un suo luogo del Discorso sull’origine dell’Inquisizione: «Furono ambe le Chiese, orientale ed occidentale, in comunione e carità cristiana per lo spazio di novecento e più anni, ne’ quali tempi il pontefice romano era riverito e osservato non meno dai Greci che dai Latini, era riconosciuto per successore di san Pietro, e primo fra tutti i vescovi orientali cattolici. Nelle persecuzioni degli eretici imploravano l’aiuto suo e de’ vescovi d’Italia, e la pace si conservava con facilità, perchè la suprema potestà era ne’ canoni, a’ quali l’una parte e l’altra si professava soggetta. La disciplina ecclesiastica era severamente mantenuta in ciascuna regione da’ prelati propri di essa, non arbitrariamente ma assolutamente, secondo la disposizione e il rigor canonico, non mettendo mano alcuno al governo dell’altro, aiutandosi l’un l’altro per l’osservanza de’ canoni. In que’ tempi, mai alcun pontefice romano non pretese di conferir beneficii nella diocesi degli altri vescovi; nè la corte allora aveva introdotto di cavar denari dagli altri per via di dispense e bolle. Immediatamente che la curia romana entrò in pretensione di non esser soggetta ai canoni, ma che per l’arbitrio suo potesse mutar ogni antica disposizione de’ Padri, de’ Concilii e degli Apo-