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lettere di fra paolo sarpi. | 19 |
Dissuade l’appellazione il decreto che del 1459 fece Pio II, in un congresso tenuto a Mantova col consiglio della sua corte, scomunicando tutti gli appellanti dalle sentenze del pontefice al futuro Concilio, perchè s’appella a chi non è nè si sa quando sarà. Questo decreto è stato sempre confermato dai successori e posto fra’ casi della bolla In cœna Domini; ancora perchè si tiene in Italia la superiorità del papa sopra il Concilio, nè si appella mai se non al superiore. Si deve quindi tenere per certo, che quando si facesse un tal atto d’appellazione al pontefice, verrebbe un altro breve di scomunica per questa causa, e tanto più si difficolterebbe il negozio, e dei quattro punti di controversia se ne formerebbero cinque. Ragioni son queste, per dissuaderlo, potenti; ma si potrebbe rispondere:
Primo, circa il decreto; avvertendo che dopo di essere stato fatto da Pio II, tutti i principi contro de’ quali è stato fulminato, hanno appellato; e questa Serenissima Repubblica due volte, una sotto Sisto IV, l’altra sotto Giulio II. Fra gli esempi degli altri principi, si possono mettere per notabili l’appellazione del re Luigi XII di Francia e della Chiesa gallicana dallo stesso Giulio II, e quella di Carlo V imperatore da Clemente VII. Non si troverà esempio che in tali occasioni alcun principe sia restato d’appellare per rispetto di questa scomunica. Oltre che si può dire con qualche apparenza di ragione, che quel decreto non comprende i principi se non sono, giusta le regole della cancelleria, nominati specialmente nella bolla In cœna Domini. Per più casi sono eglino nominati, e per questo no: adunque pare che non sia stata intenzione di compren-