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lettere di fra paolo sarpi. 27

rere che si potesse riesaminar la causa in un Concilio generale: non ebbe egli, dunque, il papa per superiore a questo. Ma passiamo a narrare un altro più notabil successo. Circa l’anno 425, Apiario prete africano, fu condannato dal vescovo di Sicca, e poi dal Concilio d’Africa. Ebbe egli ricorso a Roma a papa Bonifazio. Mandò Faustino, vescovo di Potenza, suo legato in Africa, al Concilio che si celebrava in Cartagine per favorir Apiario, e mandò insieme alcuni canoni che diceva essere del Concilio Niceno, per i quali si stabiliva l’appellazione al papa in tutte le cause. Risposero i Padri, che negli atti che avevan del Concilio suddetto non trovavano tal cosa; ma che avrebbono mandato a prenderne altre copie autentiche in Costantinopoli, in Alessandria, in Antiochia; e così essendo, avrebbero obbedito. L’anno seguente, congregato di nuovo il Concilio in Cartagine, fu presentata la risposta di san Cirillo alessandrino e di sant’Attico costantinopolitano, amendue i quali mandarono gli atti del Concilio Niceno, ne’ quali non furono ritrovati i supposti canoni portati dal legato romano. Scrissero, dunque, i vescovi africani a Celestino pontefice, successo a Bonifazio: che era stato gravissimo errore della Sede romana l’aver ascoltato Apiario; che Sua Santità per l’avvenire non dia simili refugi, nè si persuada che la grazia dello Spirito Santo debba assister più ad uno (alludendo al papa), che a tanti fratelli congregati insieme in nome di Cristo; che non mandi loro più legati, e che gli atti mandati da Roma sotto nome di Concilio Niceno, non si trovano negli atti mandati da san Cirillo e da sant’Attico: per lo che restasse d’introdurre nella Chiesa di Cristo una così