Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/138

Da Wikisource.
130 lettere di fra paolo sarpi.

di eretici. Più di cento volte vien egli inculcando, esser legge di Dio e di natura che si obbedisca al principe; aver anche il Signore comandato di rendere a Cesare quel ch’è di Cesare: ma che ciò deve intendersi di chi veramente sia principe e veramente sia Cesare; ma colui che vien privato dal papa, non è altrimenti più principe, nè perciò dee più essere obbedito. Il papa, dunque, mai non comanda già di non obbedire al principe, ma fa del principe un altro che non è principe, e a cui non si è più tenuti di obbedire. Che gliene pare? — Insegna anche spesso che il papa non può soltanto disporre dei regni e dei dominii, ma delle cose tutte che ai Cristiani appartengono, non sì tosto abbia egli conoscinto che ciò torni a vantaggio della Chiesa. Ritratta altresì la propria opinione, da lui più volte sostenuta nei libri prima d’ora stampati; cioè che i chierici furono con giustizia soggetti ai principi: adesso però asserisce pervicacemente, che solo nel fatto, ma non mai di diritto, stati sono lor sudditi. In somma, se a un libro simile sarà creduto, com’io penso che sarà, oso dire che il papa non solo dovrà tenersi eguale, ma superiore a Dio. A darle ad intendere di che petulanza e di che sfacciataggine abbia il Bellarmino fatto uso, mi basti il dirle per più assai che gesuitiche.

Codesto opuscolo è uscito in luce da non più di dieci giorni: nè so invero se quegli a cui spetta, abbia permesso d’introdurlo in questa città e dominio. Ben congetturo, nè senza buoni argomenti, che udita la morte del re Enrico, fosse in Roma presa la risoluzione di comporlo, per preparar materia di nuovi attentati a fine di ricuperare la perduta ripu-