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lettere di fra paolo sarpi. 135

la materia non si corrompa tutta. Dubito solamente che, stimandosi essi onnipotenti, non si mettano in rabbia per le contraddizioni che lor vengono fatte, e non diano in qualche precipizio; perchè sono di tanta audacia, che non guarderanno a rovina per vendicarsi delle offese che par loro ricevere.

La nuova che V.S. mi ha dato della mutazione del presidente Thou,1 mi ha così stordito, e mi ha fatto restare in ambiguo di diverse cose. Sebbene, io voglio dire con Seneca: — Convien piuttosto chiamare l’ebrietà virtù, che Catone vizioso. — Però non si può scusare il vizio mio di annoiare V.S. così lungamente. Farò fine baciandole la mano.

Di Venezia, il 28 settembre 1610.




CLV. — Al signor De l’Isle Groslot.2


Per la mia ultima, scritta oggi quindici giorni, diedi conto a V.S. d’aver ricevuta la sua delli 18 agosto, insieme col supplemento della cifra. Per questo corriere ho ricevuto due sue, una delli 2, l’altra delli 3, del presente, insieme con le direttive al signor Molino e a monsieur Assellineau; quali ricapitai immediate, e questo stilo servarò secondo il


  1. Non ci è dato d’intendere questa allusione, perchè nulla troviamo nella vita del virtuoso De Thou, che possa giustificarla. Forse era nato il sospetto ch’egli potesse abbassarsi ad indegne ritrattazioni od a piaggiare i cattivi, quando trattavasi di nominarlo successore dell’Harlay, di cui si è detto a pag. 112. Ma non sembra che il De Thou si avvilisse, come tanti fanno in Francia ai dì nostri; nè la regina, consigliata da Roma e dai Gesuiti, potè indursi a conferirgli quella suprema magistratura.
  2. Dalla Raccolta di Ginevra ec., pag. 281.