Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/168

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160 lettere di fra paolo sarpi.


Averei ben avuto caro ch’Ella avesse veduto il signor Agostino Dolce, acciò egli, venendo, potesse anco portarmi a bocca nuove del suo ben essere; ma io mi contenterò dell’avviso che sopra ciò mi portano le sue continuate lettere, le quali sempre ricevo con aumento d’obbligo.

Ho veduto con molto piacere la scrittura ch’Ella mi manda in lode delli padri Gesuiti, la quale veramente tocca particolari molto buoni: però l’AntiCottone pare più penetrante, e credo che con difficoltà alcuno arriverà a quel grado. Non so se queste scritture rallenteranno o conforteranno li fautori di quei Padri. Osservo questa esser la proprietà della verità, che fa più ostinati gli animi superstiziosi, e dubito che l’opposizione nuova porterà i potenti a favorirli con maggior efficacia. Insieme, resto ancora in qualche pensiero, ch’essi, avvertiti, riduplichino le arti e opprimano li altri incauti; i quali di qua fra qualche poco di tempo si scorderanno, ma nella memoria delli buoni Padri resterà sempre fisso il pericolo, e la volontà di vendicarsi del passato e assicurarsi per l’avvenire. E se non è che Dio nostro Signore voglia esso metter freno a quell’impudenza, l’opera umana la farà più tosto crescere che sminuire.1

Se la regina non vuol sapere più innanzi della morte del re, forse teme di non intendere cosa che fosse meglio non sapere; e se i Gesuiti sono utili


  1. Raccomandiamo agli uomini meditativi, troppo spesso diversi da quelli che si dicono uomini politici, di rileggere una o più volte questo paragrafo; e ai futuri biografi di Fra Paolo, di prendere da esso norma nel misurare la perspicuità e profondità del suo ingegno.