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lettere di fra paolo sarpi. 179

le genti di Milano, e conservata la pace d’Italia. Già si è dato l’ordine che non si proceda più innanzi nell’armarsi, così da una parte come dall’altra; tanto che il nostro timore è stato vano. Se la continuazione della pace sarà utile o dannosa, l’evento lo dimostrerà. In somma, si vede così per questo esempio, come per due altri occorsi già pochi anni, che la guerra non può aver luogo in questa regione.

Vi è dubbio se la Germania goderà la stessa buona fortuna, così per i sospetti dell’Imperatore, il quale tiene ancora in armi le genti di Passau, come per le pretensioni della Sassonia sopra Cleves, il quale ha avuto promessa da’ suoi d’un millione di fiorini, e sta facendo dieta con quelli di sua casa per risolversi. E Leopoldo non dorme, il quale vorrebbe in ogni modo racquistare quello che non ha potuto tenere.

Il papa ha pagato alla lega cattolica 24 mila fiorini,1 e sente con disgusto che in Italia non si disarmi, temendo che non gli convenga pagarne degli altri, e desiderando in ogni modo pace per tutto, acciocchè qualche sinistro accidente non trasportasse in Italia qualche scintilla del fuoco acceso altrove.

Per l’ultima mia scrissi a V.S. la morte del già arcidiacono e vicario di Venezia, successa in Roma, con quei particolari che allora seppi: i quali anco le confermo, ma le aggiungerò ora il modo saputo più particolarmente, e tuttavia certo. Il giorno dei 25 novembre, il misero fu invitato a desinare da


  1. Così fece sempre la corte romana, e non sola la romana corte ciò fece; diciamo di spogliare i suoi popoli per crescer forze alle fazioni e a quelle sètte il cui precipuo scopo è di ribadire ognora e di perpetuare la pubblica servitù.