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lettere di fra paolo sarpi. | 193 |
care e la benedizione dall’Ordinario, ma bensì dal confessore del re; e che quest’uso il conte di Lemos volle introdurre anche nella città di Napoli. Se non che, per essersi opposto l’arcivescovo, appoggiandosi ai decreti del Concilio di Trento e della non interrotta consuetudine napoletana, e il conte non volendo usare della sua autorità, il negozio fu deferito a Roma; dove tra il pontefice e il regio ambasciatore, fratello del conte, venne lungamente agitato, fintantochè si convenne che i predicatori, giusta la consuetudine, ottenessero le lettere di licenza e la benedizione dell’Ordinario: del rimanente poi, se taluno fra quelli visitar volesse, in grazia dell’ufficio, il confessore del vice-re, non fosse ciò divietato. E così l’amico mi attesta praticarsi; giacchè taluni vanno a far visita al confessore, ed altri ricusano di farlo; tra i quali sono i Gesuiti. Aggiunge ancora il mio corrispondente, di non aver potuto sapere con certezza se il decreto del vicerè fosse o no posto in iscritto, ma che ne farebbe ricerca, e, trovandolo, me ne avrebbe spedito una copia.
Alle lettere di V.S. ricevute per questo corriere ed a quelle del precedente, non rispondo, fino a che non trovisi un modo di mandarle con sicurezza le lettere mie proprie. Intanto desidero ardentemente ch’ella stia in piena salute e di me spesso si ricordi. La riverisco.
- Di Venezia, il 1 febbraio 1611.
Sarpi. — II. | 13 |