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Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/342

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lettere di fra paolo sarpi. 334

morto presto; ma sì fresca serbava la mente e vigorosi i sensi, che del continuo attendeva a’ pubblici affari, da parer che godesse sanità perfetta. Essendo pervenuto, a’ 16 di luglio, secondo l’usato, al Consiglio del collegio, dopo aver trattato alla maniera ordinaria le cose comuni, tornossene alle proprie stanze e in poche ore passò. I Gesuiti, in ogni luogo d’Italia, e qui ancora, per mezzo de’ loro corifei, detraggono alla sua memoria, e mettono in vista tra le altre cose la sua repentina fine, quasi fosse un gastigo di Dio; non sapendo che sciagurata è la morte subitanea quando è improvvisa all’apparecchio, non all’aspettazione; e che nulla è più desiderabile a un onesto uomo, che dire addio alla terra dopo un apparecchio di tutta la vita nella interezza dei sentimenti e nell’adempimento stesso dei propri offici. A Roma fecero festa pel decesso di lui, ma sarà stata invano; poichè, con loro cocentissima amarezza, s’accorgeranno che non egli solo era istrutto delle arti gesuitiche, ma che tutta la più specchiata nobiltà le conosce. Fin qui hanno guadagnato un bel niente, e così spero sarà in avvenire.

Mi dicono che i Gesuiti stampino gli statuti e i privilegi della Compagnia soltanto al Collegio romano, e che non ne rilascino gli esemplari che a più fidati loro consoci. Non mi è riuscito mai di vedere la edizione del 1606, per quanto usassi ogni industria a procacciarmene una copia. Nè mai m’è accaduto vedere le bolle di Clemente VIII, di cui Ella mi manda l’intitolazione; nè l’approvazione di Paolo V dell’istituto e dei privilegi della società. Tutti questi articoli si trovano più facilmente fuori d’Italia che in Italia, giacchè qui sono costretti a te-