Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/438

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430 lettere di fra paolo sarpi.

desi, non si spera, come credeva, che la guerra fosse mezzo d’introdur la verità. Veggo che non è.1 Così conviene aspettare il tempo del beneplacito divino; il quale se non apre qualche mezzo per quale si dia ingresso a far bene, ogni cosa pare inviata a stabilire due monarchie, una sopra i corpi e l’altra sopra le anime. Il che se debbe succedere a gloria di Dio, doverà piacerci; quando no, i consigli umani non saranno efficaci. Io bacio la mano a V.S., e le prego da Dio Nostro Signore ogni prosperità.

Di Venezia, il dì 11 aprile 1617.




CCLIII. — A Giacomo Gillot.2


Quel piacere ch’io aveva provato leggendo la lettera di V.S., tutto mi fu tolto dalla nuova finale della morte del signor De Thou; il qual personaggio com’ebbi sempre in grandissimo conto per l’eroiche sue virtù, così vivamente mi rammarico che ci sia a un tratto rapito. Sono già due giorni che seppi del triste caso; e non ho ancora potuto levar l’animo da questo pensiero. Ma siccome egli, da vivo, adempì tutte le parti di specchiatissima persona, così, dopo la sua morte, avrà gloria da Dio e fama dagli uomini sempiterna; incorando noi a spendere il resto della vita, più che in vano corrotto, nel rammentare le sue virtù.


  1. Potrebbe inferirsene che la indifferenza in fatto di religione non è tanto recente, quanto e chi vuole la rinnovazione del vecchio e chi brama l’introduzione del nuovo va oggi lamentando.
  2. Stampata, in latino, tra le Opere ec., pag. 24.