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lettere di fra paolo sarpi. | 63 |
donde il raggio riflettesi, ma più del rimanente dell’acqua. Così ho parlato per servirmi del suo esempio; ma veniamo più dappresso all’argomento. Se Ella porrà di contro al sole, ma lungi da se, una pietra rotonda e uno specchio sferico della stessa grandezza, vedrà l’emisfero della pietra rischiarato e tutto lo specchio oscuro, all’infuori di quella minima particella in cui le si offrirà alla vista un certo piccol sole. Che se tanto l’allontanerà da essere insensibile l’angolo, cioè quel piccol sole, appena Ella vedrà lo specchio; il sole poi apparirà splendentissimo. L’acqua e la terra sono sferiche, e la luna ha una parte lucida ed una macchiata: applichi ad esse questi riflessi, e toccherà con mano la cosa.
Vengo a trattare di un altro suo dubbio. Non so se il matematico siasi chiaramente spiegato; ma dirò del fatto com’è. Niente affermo di queste macchie che si veggono nella luna. Tanto appariscono col mezzo del canocchiale, come se si vedessero ad occhio nudo; ma dico che nella parte lucida della luna trovansi cavità ed eminenze. Se V.S. dirà: — Sono le parti più rare che sembrano a me cavità, e le più dense che prendo per eminenze, — vengo a provarle il contrario. La solidità di una cosa, com’Ella ha appreso dagli ottici, non si vede che per la luce e l’ombra: però la pittura imita la solidità co’ lumi e coll’ombre, ed io posso mostrare ogni oggetto solido come se fosse pieno, per lumi ed ombre variate di colore. Asserisco ora che il lume e l’ombra di quelle parti manifestano chiaramente la esistenza di quelle cavità ed eminenze. Se Ella adatterà in modo uno specchio concavo, che il suo asse voltisi al punto del sole a mezzogiorno, e lo riguarderà quando nasce il sole, allora la parte