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28 satire

Di lunghe bende, e di molte collane
Ornansi il collo; e offrendo la pancetta
D’una porcella primajola e vino,
Placan lor Bona Dea.1 Contraria usanza
Le femmine allontana, e quelle soglie
Non passa alcuna: ai soli maschi aperta
È l’ara della Dea. «Fuori», si grida,
«Fuori, o profane: qui non s’ode femmina
Sparger di tibia o corno il flebil suono».
    Segretamente al lume delle tede
Celebravano i Batti orgie siffatte,
E stancavano l’attica Cotitto.2
Questi con nerofumo inumidito
E con un ago obliquamente allunga,
E tinge i sopraccigli e le palpebre
Con occhi imbambolati; in un priapo
Di vetro beve un altro, e porta in dosso
Finissima gamurra cilestrina
A rotelle dipinta; e il folto e lungo
Crine raccoglie in una reticella
A fili d’oro: e quando il servo giura,

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  1. [p. 148 modifica]Chi fossero costoro non apparisce chiaro dal testo, ma è opinione dei più, che parlisi di quel collegio di sacerdoti che Domiziano aveva istituito in onor di Minerva, che qui per similitudine, e in aria di canzonatura, sarebbe detta la Bona Dea. Tutti sanno con quanta religiosità e rispetto si celebravano dapprima in Roma i misteri della Dea Bona dalle sole donne; e come non pure n’erano esclusi gli uomini, ma si velavano financo le statue, che animali maschi rappresentassero; sebbene poi tali feste doventarono sotto gl’imperatori non altro che orgie femminili, come il Nostro le descrive nella satira sesta. Or sembra dunque che questi nuovi sacerdoti di Minerva, nella celebrazione delle feste di questa Dea, facessero, come si direbbe, una parodia dei misteri della Dea Bona, allontanandone le donne, e commettendo tra loro gli atti più bestiali.
  2. [p. 148 modifica]Questa Dea Cotitto era la luna, e i Batti n’erano i sacerdoti. Fu molto in venerazione fra i Traci , dai quali la presero gli Attici, e però qui è detta attica. Si sa che Eupoli avea scritto una commedia contro le effeminatezze di questi sacerdoti.