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alla satira seconda 37


19 Ottone, settimo imperatore romano. Da giovane si era acquistato la grazia di Nerone per le sue mollezze e dissolutezze.

20 Allude a questo passo dell’Eneide di Virgilio: validam vi corripit hastam, Actoris aurunci spolium. Lib. xii. 94.

21 Ottone per giungere all’impero avea fatto assassinar Galba già molto vecchio e impotente per la gotta.

22 Castello di Lombardia, ove i seguaci di Ottone furono vinti dai partigiani di Vitellio.

23 Quin et faciem quotidie rasitare, ac pane madido linere consuetum; idque instituisse a prima lanugine, ne barbatus unquam esset. Svet. Oth. xii.

24 È una tirata contro Domiziano, che era Pontefice del collegio dei Sacerdoti di Minerva creati da lui, e dei quali il poeta seguita a narrare le belle imprese.

25 Per togliere a Giovenale ogni taccia di esagerazione, basti rammentare che Nerone strinse con tutte le formalità della legge un simile matrimonio con Sporo, come ne fanno testimonianza Tacito, Ann. xv. 37; Svetonio, Nero; Dione Cassio, lxiii. 13.

26 Il primo per espiare, il secondo per punire simili infamie.

27 Questo Gracco era stato uno dei Sali, sacerdoti di Marte, che in un giorno dell’anno andavano per Roma in processione, portando appesi al collo i dodici ancili o scudi, a uno dei quali si credeva che fosse legata la sorte di Roma.

28 I Luperchi erano sacerdoti del Dio Pane, i quali nelle feste lupercali scorrevano per la città, percotendo con uno staffile le mani delle donne, che loro le porgevano, sperandone la fecondità.

29 Credo anch’io col Ribbeck che questo brano, dove si fa colpa a un altro Gracco d’essere sceso nel circo a combattere coi gladiatori, sia una insensata interpolazione; e che dopo il verso, Ambe le palme all’agile Luperco, debba unirsi subito l’altro, Che sonvi i Mani e un sotterraneo regno. Non è credibile che Giovenale pensasse che un nobile, facendosi gladiatore, avea commesso un’azione più indegna dell’altro, che si era infemminato nel modo detto di sopra.

30 Parlasi qui di una specie di lotta che si faceva tra due gladiatori, detti Retiarius l’uno, e Secutor l’altro. Il primo retiarius era armato di una gran rete e di un tridente, fuscina, e tutta la sua destrezza consisteva nel lanciare questa rete sulla testa dell’avversario Secutor in modo da invilupparvelo