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Pagina:Satire (Giovenale).djvu/197

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NOTE ALLA SATIRA QUARTA


1 Chi fosse questo figuro, vedilo alla nota 10 della prima Satira. Tacito, con quel suo pennello michelangiolesco, ne fa questo ritratto: «Uomo che prese un mestiero, venuto poscia in gran credito per le miserie de’ tempi, per le sfacciatezze degli uomini: il quale povero, sconosciuto, inquieto, col fare lo spione segreto, tendendo trabocchetti ai più chiari, divenuto potente presso alcuni, odioso a tutti, lo stendardo alzò a coloro che seguitandolo, di poveri fatti ricchi, di abietti tremendi, trovarono lo altrui, e al fine il loro precipizio».

2 Molti palazzi a Roma avevano dei lunghi porticati da potervi passeggiare anche a cavallo, quando faceva cattivo tempo. V. Sat. VII. v. 178.

3 Una vestale, che avesse peccato di carnalità, doveva per una antica legge esser sepolta viva. Il modo di questa esecuzione vedilo in Plutarco, Vita di Numa. - Che poi Crispino si rendesse reo d'una simil colpa, è confermato anco dagli storici.

4 È questa una sferzata a Domiziano, accennato sotto il nome di censore dei costumi, perchè aveva usurpato anche i diritti della censura: e mentre aveva punito la vestale Cornelia Massimilla ed il suo seduttore Celere, non si era dato per inteso della medesima colpa commessa da Crispino, suo cagnotto.

5 Vi furono in Roma tre Apici, gran dilettanti di tutti i punti della gola. Il primo fu contemporaneo di G. Cesare; il