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CAPITOLO DODICESIMO
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astrologia, e raddoppiamento di cibi.
Questi ameni discorsi Trimalcione interruppe, perchè le vivande già si eran levate, e i convitati fatti allegri dal vino ponevansi a cianciare sonoramente. Egli adunque rilevatosi sul gomito, bisogna, disse, che voi questo vin confortiate; bisogna che i pesci nuotino. Credete voi forse che io sia contento di quella cena, che avete osservato in quel credenzino? Così conoscete Ulisse? Ma che perciò? ei giova anche tra i cibi trattenersi di filologia.
Ben riposino l’ossa del mio avvocato, che volle ch’io fossi pur uomo tra gli uomini: giacchè nulla può a me portarsi di nuovo; io tengo al par di lui giocondo possesso d’ogni cosa.
Questo cielo, in cui abitano dodici dii, trasformasi in altrettante figure: ora diventa Ariete, onde chiunque nasce sotto quel segno, molti armenti e molta lana possiede: oltre a che ha un capo duro, una fronte che non patisce vergogna, un corno acuto. Moltissimi scolari e becchi nascono in questa costellazione.
Lodando noi l’acutezza del matematico, ei quindi