Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/167

Da Wikisource.

qualche scappata sulle belle arti 111

    Della patria il destin cagionò pianto.
    80Così già al suo perir Troia vicina,
    Col profanar delle persone sacre,
    A perir cominciò perdendo i Dii.
Del fraterno splendor piena, già il bianco
    Velo alzava la luna e conducea
    85Col chiaro raggio le minori stelle,
    Quando dalla trincea spandonsi i Greci
    Fra i sepolti nel vin Teucri e nel sonno,
    E gli scannan così. Con tale orgoglio
    Usano l’armi quei guerrier, col quale
    90Suol tessalo caval cui la cervice
    Lungo tempo curvava il duro giogo,
    Vibrarsi al corso, e l’alto crin quassare.
    Givan le spade in cerchio, e selci e sassi
    Rimovendo dal suol ripiglian guerra.
    95Qui agli ubriachi un tronca i capi, e il sonno
    Prolunga lor sino all’eterna notte,
    Là col foco dell’are un altro accende
    Le incendiatrici fiaccole, ed invoca
    A danno de’ Troian di Troia i Dii.