Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/23

Da Wikisource.

xxiii


L’altra accusa data al Petronio di non aver egli composte le presenti Satire, viene principalmente dal Burmanno medesimo. Egli fa un lungo ragionamento, col quale tenta persuaderci che non poteva un uomo ridotto a morte pensare a vendicarsene collo scrìvere queste Satire, per le quali abbisognava tempo e tranquillità; tanto più (segue egli) che esse erano contenute ne’ codicilli dal condannato mandati al Principe, i quali per la loro natura e forma (di cui va con molta dottrina parlando) non potevano tanta scrittura rìnchiudere, quanta l’opera ne esigeva. Egli certamente non mal si apporrebbe, se fosse vero che Petronio avesse aspettato a scrivere quando cadde in disgrazia, ed era per finir la sua vita. Ma l’ordine, la leggiadria, l’eleganza, e la varietà che in queste Satire si ammirano, non potrebbero ottenersi giammai da scrittore anche valentissimo nel termine di tre o quattro giorni, e molto meno il Poemetto della Guerra Civile che vi è inserto. Nè si può dubitare che gli scritti mandati a Nerone non dovessero essere voluminosi, giacchè le ribalderìe, e tutte le disoneste foggie e notturne invenzioni (che poche e leggieri non furono) contenevano di quel regnante. L’autore adunque non aveva perduto tempo a registrarle e porle in ordine; e ben si vede che non aspettò a farlo quando fu condannato, perchè anzi a tutt’altro in quei pochi giorni diè opera, che a scrìvere, come Tacito nota. Dal che procede ch’egli avea già disposti i suoi codicilli, e che scelse il momento della sua morte per mandarli a Nerone. Evase adunque le difficoltà sopraccennate, perchè non crederem noi che Petronio sia il vero autore di queste Satire? Se Tacito ci assicura ch’ei mandò scritte al Principe le sue ribalderie sotto nome di sbarbati e di femmine, dove è andato a finir quello scritto? E se Nerone l’avesse bruciato, crediam noi che l’autore non ne avesse conservato almeno il primo schizzo e che questa sia la cagione delle lagune che vi si tro-