Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/254

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198 capitolo trentesimosecondo

si fa peggiore. Con ciò intendo ammonire gli amici miei a non ricusare ciò che ordino, ed a consumare il mio corpo colla stessa alacrità colla quale offrono l’anima mia agli Dii.„

Intanto ch’egli leggeva queste prime righe, alcuni de’ più famigliari d’Eumolpione vennero in camera sua, e vedendogli in mano i fogli del testamento lo pregaron caldamente a metterli a parte della lettura; egli accondiscese immediatamente, e tutto lesse dalla prima all’ultima parola. Udendo però essi la necessità di mangiarne il cadavere, rimasero oltre modo afflitti di sì straordinaria condizione: ma il suo gran credito acciecava gli occhi e la mente di quei miserabili, e stavansi innanzi a lui sì umilmente, che non osarono lagnarsi di tal novità. Anzi un di costoro, per nome Gorgia, era disposto ad eseguire il patto, purchè non avesse ad aspettar lungo tempo. Al che Eumolpione rispose: Io non ho certamente alcun dubbio sul rifiuto del tuo stomaco, il quale eseguirà la legge, se tu gli prometti per un’ora di nausea il compenso di tante ricchezze. Non hai che da chiuder gli occhi, e immaginarti d’ingoiare non viscere d’uomo, ma centomila sesterzj. Aggiugni che puoi inventare qualche condimento, col quale cangiarne il sapore; giacchè non evvi carne che piaccia per sè medesima, ma si acconcia in qualche maniera, e rendesi gustosa agli stomachi più delicati. E se vuoi cogli esempj persuaderti di ciò, ch’io dico, i Sagontini bloccati da Annibale mangiarono umane carni, senza che ne sperassero veruna eredità. Lo stesso fecero i Petavj in un’estrema carestia, nè altro guadagnavano in cotal pasto, se non che non si morivan di fame. Quando Numanzia fu presa da Scipione, furon trovate alcune madri che nascondevansi nel grembo i corpi mezzo manucati de’ lor bambini. Finalmente siccome il fastidio di mangiar questa carne non può nascere che dalla opinione, bisogna vincere con ogni sforzo codesta