Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/27

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a quale età egli avesse appartenuto, perchè la sua età sarebbe press’a poco l’epoca di detta Colonia; e avendo pur bisogno di trovare a che appigliarsi, ammassa la qualità delle voci, i supposti sarcasmi ai riti Cristiani, la credenza agli astrologi, e tutte quelle altre indicazioni, che noi abbiamo poc’anzi veduto quanto sieno inattendibili. Finalmente considerando che ai tempi di Adriano tutto era in Napoli foggiato alla greca, i magistrati, i giochi, le cerimonie sacre, e che Sparziano parlando di questo Cesare dice ch’egli era dittatore ed edile ne’ paesi latini, Demarca a Napoli, ed Arconte in Atene, conclude che dunque ancor non aveva codesta Città acquisiti i diritti e i nomi di colonia romana. Ma questa conseguenza non regge; imperocchè, essendo provatissimo anche per osservazioni ben ragionate del signor Ignarra medesimo, che l'azione della Satira di Petronio è evidentemente in Napoli, ed essendosi ammesso che Petronio fosse vivente quando Napoli divenne Colonia Augusta, ciò nondimeno Petronio stesso la chiama città greca e non romana, perchè veramente ella fu tale, e sappiamo da Tacito nel 15 degli annali che Nerone (cui sicuramente deve alluder Petronio) Neapolim quasi graecam urbem delegit. Quindi le foggie e le voci greche, massimamente rispetto alle cose pubbliche ed ai magistrati non dovevano sì facilmente tralasciarsi, anche divenuta colonia, in quel modo che anche ai dì nostri una nazione qualunque venuta sotto il dominio di nazione straniera non dimentica sì facilmente le sue voci e costumanze per adottare del tutto quelle de’ conquistatori. Diffatto l’Ignarra medesimo cita Strabone, il qual testifica che il nome de’ magistrati a Napoli parte eran greci, parte campani, cioè latini: cita alcune lapidi napolitane contenenti nomi greci latinizzati, ossia con desinenze latine, come noi tante volte adottando voci straniere diam loro la desinenza italiana, cita in somma decreti e formole di lingua greca, ma in foggia latina,